Soror dulcissima, mente te diligo,
ablato corpore. Ignosce, deprecor,
mihi insaniam, pupilla oculi
qua ego video, venusta formula.
Secretum animae solvere cupio
tuae, pulcherrima: quod solvat somnia
cogitationibus iam vero sordidis,
fictionis nebulis dum mecum maneo.
Commotus corporis tui cupidine,
nudum cospiciens mirum mirabile
fictum quod teneo intus intrinsecus,
nudam te amavero, corde purissimo:
cum esses veritas nudata ad animum,
nolo te tangere, ne tuum mysterium
totum se dissipet in nihili vacuo,
nisi ab oculis tactum me sentiam
tuis, si subrideas, qui sunt caerulei:
tanta tua gratia.
Tua tanta gratia laudetur Dominus qui tecum maneat, in veri lumune:
Eius es speculum.
Certo va pure trovato quel fine,
lo dicono, e magari ci s’illude
che ce lo porti in mano la corrente
della vita, ed in vero la natura
dovrebbe riportarci al suo richiamo:
ma il fatto è pure che la vita sogna.
Va fatto tutto quello che bisogna,
è questo certo il punto alla fin fine.
Sì, ma è questione d’ordine, e il richiamo
è più d’uno, l’amore che m’illude
per esempio, ed il tempo a sua natura
si puntualizza in furia trascorrente.
Ora mi trovo qui con l’occorrente,
e pare che mi mettano alla gogna.
Com’è che penso – quasi si snatura –
ch’io tutto resti fermo, e tutto fine
fine si muova intorno a me, e m’illude
abbagliato alla luce d’un richiamo?
Come vedessi di sbieco nel richiamo
d’uno specchio il mio viso concorrente
che con faccia di suola disillude
a poco a poco pure la vergogna.
Ma è pure è giusto che vi metta fine.
Che vengo a dire? E dunque a mia natura
mi metto a raccontare la natura
di quello che è successo, e richiamo
una parola che mi paia fine
e sia bastante a imbrigliar la corrente
di tutto quanto questa storia agogna,
sospeso su di un filo in cui s’illude
tale peripezia: perché, chi illude
il bandolo, funzione, la natura:
che non si dica che solo una carogna
io sia? Ventriloquo frugo il richiamo
e l’istanza che dentro, ricorrente,
mi parla dalla soglia, sul confine
in cui è imminente il quid dell’amor fine,
aliena grazia che ordina e che illude,
come una scossa viva di corrente
elettrica, e riscuote la natura
d’un desiderio che mi fa richiamo
e dice «io (…?.)» nell’ultima menzogna.